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Alzheimer e declino cognitivo: cosa è importante sapere

18 Novembre 2019

Cos’è l’Alzheimer?

Sentiamo spesso dire che la nostra aspettativa di vita si allunga, in misura maggiore in Italia rispetto ad altri paesi europei. Di certo possiamo esserne contenti, anche se aumentano gli inconvenienti legati soprattutto a patologie croniche quali il diabete o l’ipertensione.

Aumentano anche i problemi a carico del nostro organo più nobile: il cervello.

Esso è sottoposto infatti agli stessi processi di naturale invecchiamento – principalmente attraverso processi di ossidazione – con effetti che vanno a ledere la lucidità dei ragionamenti, la memoria, la stessa autonomia personale.

Il morbo di  Alzheimer o demenza senile di tipo Alzheimer: una delle forme di demenza degenerativa più conosciute

L’esordio avviene per lo più in età presenile (oltre i 65 anni, salvo possibili casi in epoca precedente) e il sintomo precoce più comune è la difficoltà a ricordare eventi recenti.  La velocità di progressione può variare, ma l’aspettativa media di vita dopo la diagnosi è dai tre ai nove anni.

La causa e la progressione della malattia di Alzheimer sono ancora poco chiari. La ricerca indica che la malattia è strettamente associata a placche amiloidi e ammassi neurofibrillari. Queste si riscontrano nel cervello delle persone affette anche se la causa prima di tale degenerazione non è nota.

Con il progredire della malattia e l’avanzare del tempo i sintomi divengono sempre più invalidanti. La persona colpita tende ad isolarsi dalla società e dalla famiglia e nel tempo perde le capacità mentali di base.

Diagnosi della malattia

Una diagnosi probabile è basata sulla progressione della malattia: test cognitivi  e indagini di diagnostica per immagini, oltre agli esami del sangue per escludere altre possibili cause.
In particolare di recente è stato diffusa l’informazione riguardo l’esistenza di un esame del sangue in grado di predire il manifestarsi della malattia.

Il test C4D

Il test C4D (detto anche Rame non-ceruloplasminico) è in grado di  valutare, tramite un semplice prelievo del sangue, i livelli di rame “libero” presenti nell’organismo. Questi  vengono correlati da diversi anni allo sviluppo della malattia di Alzheimer o più in generale all’avanzare del declino cognitivo.

Il rame “libero” presente nel sangue, corrisponde a quella quota di rame non legato alla proteina che normalmente lo trasporta, la ceruloplasmina (rame Non-Ceruloplasminico)  che potrebbe indurre stress ossidativo e causare danni irreparabili al cervello.

Livelli eccessivi di questo tipo di rame sono tossici e aumentano il rischio di ammalarsi di Alzheimer.

Se il risultato del test C4D  rientra negli intervalli di riferimento dei valori normali della popolazione, il test è  da considerarsi negativo.

Se il valore è al di fuori dell’intervallo di normalità, il test C4D è positivo: il soggetto presenta un incremento della frazione libera del rame presente in circolo.

In caso di test positivo sarà necessario mostrare il test al proprio medico curante, per la strategia più appropriata. Il fine è ridurre il rame presente nel sangue e diminuirne la tossicità con diete a basso contenuto di rame, integratori alimentari etc. o attraverso l’adozione di uno stile di vita sano che contrasti la comparsa della malattia.

Il SAGE test

Esiste un altro test per determinare in maniera precoce la presenza della malattia dell’Alzheimer o di una demenza cognitiva che non richiede prelievo del sangue.
Si tratta del  SAGE test  -Self-Administered Gerocognitive Examination – ovvero esame cognitivo geriatrico auto-amministrato, messo a punto dall’Università dell’Ohio.

Il test è tradotto in diverse lingue, si può scaricare sul proprio computer per stamparlo e la sua compilazione richiede pochi minuti. Il test è inoltre presente in quattro diverse versioni perfettamente complementari . E’ infatti indifferente quale si sceglie ai fini dell’esito del test.

Alzheimer: test on line 1

Alzheimer: test on line 2

Alzheimer: test on line 3

Alzheimer: test on line 4

I risultati dello studio sono pubblicati dal Journal of Neuropsychiatry and Clinical Neurosciences . Il test è stato messo a punto su 1047 partecipanti, scelti tra persone con più di 50 anni e da diversi contesti (centri per anziani, case di riposo etc).

La ricerca ha evidenziato che l’80 per cento di coloro che hanno lievi problemi cognitivi, diagnosticati con altre tecniche, vengono individuati anche dal SAGE, mentre il 95 per cento di coloro che non hanno problemi ottengono un punteggio normale nel test.

I medici statunitensi ideatori del SAGE sono convinti che condividere i risultati del test con il proprio medico aiuti ad individuare la patologia o altre forme di demenza.

ATTENZIONE:

Ognuno di questi test deve essere sottoposto all’attenta valutazione del proprio medico curante.

Sottoporsi periodicamente al test aiuta dunque il medico a individuare i sintomi e intervenire prontamente con la terapia adeguata.

Prevenzione

Alcuni studiosi hanno dimostrato che l’adozione di alcuni comportamenti può frenare la comparsa del declino cognitivo in molti casi, ancor prima dell’assunzione dei farmaci.

                                                                 Gli effetti protettivi  dell’esercizio fisico e dell’attività intellettuale rispetto alla demenza senile

Una combinazione di esercizio fisico e attività mentale, svolti in maniera costante per circa 3 mesi, migliora le performance cerebrali dei soggetti osservati (pazienti inattivi con un certo declino intellettuale). I ricercatori hanno osservato anziani ultrasettantenni divisi in quattro diversi gruppi.

Il primo svolgeva sia attività mentale ( lavoro al computer) sia esercizio fisico aerobico;
il secondo svolgeva attività mentale, ma non esercizio fisico;
il terzo solo esercizio fisico intenso;
l’ultimo gruppo non svolgeva nessuna delle due attività.

E’ stato osservato che sia l’esercizio fisico sia l’attività mentale producono un aumento della funzione cognitiva e che la quantità e la frequenza dell’attività sono più importanti del tipo di attività svolta.
Gli autori hanno dimostrato che stimolare l’attività, fisica o mentale, può migliorare le capacità cognitive in sole 12 settimane, anche nei soggetti più anziani che danno segno di difficoltà cognitive.

Non resta che provare.